Coscienza di se
stessi.
È una frase che in
realtà non vuol dire niente...
Coscienza di ciò
che facciamo e riceviamo per quello che facciamo...
Vuol dire ancora
meno.
Chiusi in una cesta
di vimini, con la luce che penetra tra gli spazi degli intrecci,
viviamo un esistenza immobile e inavvicinabile da anima viva.
Autoproclamandoci
padroni del nostro spazio, crediamo che tutto ci sia dovuto e ciò
che facciamo sia il massimo possibile per un essere umano.
Poi magari esci...
E ti accorgi che
quello che hai fatto finora è nulla in confronto alla grandezza del
mondo.
Allora magari la
smetti di lamentarti per privilegi che ti sei autoimposto, rendendoti
conto che c'è chi considera come il minimo indispensabile ciò che
tu nemmeno hai mai provato a fare.
Dovrebbe far pensare
vero?!?
No!
Trovarsi seduto ad
una scrivania per anni, a chiedere e ancora chiedere soldi o
privilegi per alleviare i dolori lombari causati dalla fatica di
stare seduto e i calli alle dita dovuti alla continua pressione sulle
lettere di una tastiera.
Responsabilità si
chiamano...
Quelle che
giustificano i patrimoni a fronte del sudore lasciato ad altri, per
cifre di indiscutibile corsa al ribasso.
Il che è anche
giustificabile...
Se le responsabilità
ci fossero davvero.
Il meccanismo
“piramidabilistico” inventato dalla società dei barili scaricati
dice che il responsabile gestisce la situazione delegando ad altri
indefiniti subalterni i compiti dei quali però saranno assoluti e
devoti padroni sia nelle critiche che nei.. (no solo nelle critiche).
Generalmente il
povero gregario, anello ultimo della catena impiegatizio/alimentare
non ha appigli nel mare in cui dovrà nuotare per non affondare; al
solo scopo di evitare parole o richiami dai superiori, i famosi
portatori sani di dolori lombari.
Nessuna gratifica,
nessun elogio o stretta di mano, perché il compito che stai
svolgendo è quello per cui sei miseramente pagato, sei li per
alleviare le fatiche di chi di mestiere ti deve tener d'occhio.
Ma le lamentele non
giungono mai da chi ha la mente e il corpo attivo nel processo di
creazione lavorativa.
Il rumore dei disagi
nasce da chi viene incaricato di alzare una penna una tantum e non è
mai stato abituato a farlo.
Uscire dal proprio
impalpabile e redditizio seminato provoca la classica reazione a
catena di richieste.
Nel mondo esistono
necessità di svariato genere che portano quindi le persone a
svolgere attività innumerevoli e completamente diverse tra loro, non
rendendo più importante l'una o l'altra, a fronte di un esigenza
comune che si chiama progresso.
Indi per cui ci
saranno persone che arriveranno a casa sporche di fango, oppure
manager semi/obesotti, abbacchiati all'idea dell'ennesima cena dove
sfoggiare un sorriso carico di richieste di fondi.
Eppure entrambi con
un utilità oggettiva che viene rimarcata in modo abbondantemente
diverso da una società che ritiene fondamentale il continuo scambio
di quattrini rispetto alla costruzione fisica di un muro, uno dei
quattro dove tutti noi viviamo.
La sottolineatura va
posta però, proprio su quelle persone che alla sera, tornano a casa
sporche solo della loro voglia di avere di più, e sudate solo del
proprio egocentrismo lavorativo.
Pronte, pochi
istanti dopo l'apertura della porta, a lamentarsi di quanto anche
oggi hanno salvato il mondo per quei pochi spiccioli e il cellulare
aziendale, dimenticandosi talvolta che lo splendido marmo che hanno
in bagno sulle mensole è stato estratto in miniera da qualcuno che
quello stesso arredamento non se lo può permettere.
Ma che forse domani
sarà più felice perché dovrà fare molto meno fatica, in fondo lui
dovrà estrarre marmo da una cava.
Ma ci saranno quei
poveri responsabili che domani si dovranno rimboccare maniche: perché
i barili non si scaricano da soli.
Iven
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