martedì 26 maggio 2015

SORRISO DI MARMO...

Coscienza di se stessi.
È una frase che in realtà non vuol dire niente...
Coscienza di ciò che facciamo e riceviamo per quello che facciamo...
Vuol dire ancora meno.
Chiusi in una cesta di vimini, con la luce che penetra tra gli spazi degli intrecci, viviamo un esistenza immobile e inavvicinabile da anima viva.
Autoproclamandoci padroni del nostro spazio, crediamo che tutto ci sia dovuto e ciò che facciamo sia il massimo possibile per un essere umano.
Poi magari esci...
E ti accorgi che quello che hai fatto finora è nulla in confronto alla grandezza del mondo.
Allora magari la smetti di lamentarti per privilegi che ti sei autoimposto, rendendoti conto che c'è chi considera come il minimo indispensabile ciò che tu nemmeno hai mai provato a fare.
Dovrebbe far pensare vero?!?
No!
Trovarsi seduto ad una scrivania per anni, a chiedere e ancora chiedere soldi o privilegi per alleviare i dolori lombari causati dalla fatica di stare seduto e i calli alle dita dovuti alla continua pressione sulle lettere di una tastiera.
Responsabilità si chiamano...
Quelle che giustificano i patrimoni a fronte del sudore lasciato ad altri, per cifre di indiscutibile corsa al ribasso.
Il che è anche giustificabile...
Se le responsabilità ci fossero davvero.
Il meccanismo “piramidabilistico” inventato dalla società dei barili scaricati dice che il responsabile gestisce la situazione delegando ad altri indefiniti subalterni i compiti dei quali però saranno assoluti e devoti padroni sia nelle critiche che nei.. (no solo nelle critiche).
Generalmente il povero gregario, anello ultimo della catena impiegatizio/alimentare non ha appigli nel mare in cui dovrà nuotare per non affondare; al solo scopo di evitare parole o richiami dai superiori, i famosi portatori sani di dolori lombari.
Nessuna gratifica, nessun elogio o stretta di mano, perché il compito che stai svolgendo è quello per cui sei miseramente pagato, sei li per alleviare le fatiche di chi di mestiere ti deve tener d'occhio.
Ma le lamentele non giungono mai da chi ha la mente e il corpo attivo nel processo di creazione lavorativa.
Il rumore dei disagi nasce da chi viene incaricato di alzare una penna una tantum e non è mai stato abituato a farlo.
Uscire dal proprio impalpabile e redditizio seminato provoca la classica reazione a catena di richieste.
Nel mondo esistono necessità di svariato genere che portano quindi le persone a svolgere attività innumerevoli e completamente diverse tra loro, non rendendo più importante l'una o l'altra, a fronte di un esigenza comune che si chiama progresso.
Indi per cui ci saranno persone che arriveranno a casa sporche di fango, oppure manager semi/obesotti, abbacchiati all'idea dell'ennesima cena dove sfoggiare un sorriso carico di richieste di fondi.
Eppure entrambi con un utilità oggettiva che viene rimarcata in modo abbondantemente diverso da una società che ritiene fondamentale il continuo scambio di quattrini rispetto alla costruzione fisica di un muro, uno dei quattro dove tutti noi viviamo.
La sottolineatura va posta però, proprio su quelle persone che alla sera, tornano a casa sporche solo della loro voglia di avere di più, e sudate solo del proprio egocentrismo lavorativo.
Pronte, pochi istanti dopo l'apertura della porta, a lamentarsi di quanto anche oggi hanno salvato il mondo per quei pochi spiccioli e il cellulare aziendale, dimenticandosi talvolta che lo splendido marmo che hanno in bagno sulle mensole è stato estratto in miniera da qualcuno che quello stesso arredamento non se lo può permettere.
Ma che forse domani sarà più felice perché dovrà fare molto meno fatica, in fondo lui dovrà estrarre marmo da una cava.
Ma ci saranno quei poveri responsabili che domani si dovranno rimboccare maniche: perché i barili non si scaricano da soli.



Iven